Sulle rive del Sabato e nella industriosa Atripalda ebbe i natali nel 1701 Francesco Rapolla da Angelo e Maria Buccarelli. Un zio paterno, scorto nel nipote un ingegno svegliato lo volle seco in Napoli e quivi ne curò l'educazione. Coltivò con amore gli studii della classica letteratura, non che quelli di metafisica e matematica sotto i migliori insegnanti di quel tempo.
Cangiato pensiero preferì la toga del magistrato alla sottana del prete dandosi tutto allo studio delle leggi per maniera che non solo presto si ebbe la laurea di dottore, ma più l'onore di sedere a scranna nel Napoletano Ateneo occupando la Cattedra di diritto canonico.
Era egli poco di più che quadrilustre e già pubblicava un libro con il quale additava le norme del come interpetrare le leggi e tal libro nominava: Il giureconsullo, così che quando altri comincia il Rapolla già godeva una vecchia e meritata fama. Laonde per un tal libro e per discorso funebre in morte di Alessandro Riccardo, il re Carlo III di Borbone lo promosse alla Cattedra dei Digesti nella R. Università di Napoli, indi il propose al governo di Pozzuoli, di Taranto ed Ariano, e quando nell'Ateneo Napoletano istituì la cattedra intitolata La Criminale egli il primo funne promosso a dettare le leggi.
Verso il 1743 il Lambertini pubblicò un lavoro con il titolo "Difetti della Giurisprudenza" ma gli si levò contro il Rapolla pubblicando nel 1745 "Difesa della Giurisprudenza", cioè una critica applaudita in tutta l'Italia. Nella formazione di un primo tribunale di commercio in Napoli, re Carlo lo scelse a far parte della commissione che ne doveva descrivere e i riti e le leggi. Egli scorgendo il vuoto nella giurisprudenza napoletana di un corpo di leggi patrie e scevre di errori, imprese a compilarlo e nel 1746 lo pubblicò con il titolo "Commentarium dejure Regni Napolitani". Questo lavoro lo rivelò conoscitore profondo delle leggi patrie e maestro non solo delle latine eleganze, ma ancora esperto ordinatore delle cose di cui scrisse. Egli, amico del Muratori, meritò le lodi più lusinghiere da parte di costui; quando mandogli copia del suo libro, questi così gli rispose: "Se ella terminerà, come spero, codesta fatica, meriterebbe che in sua lode Napoli ergesse una
bella memoria. Napoli dico, in cui sempre più veggo aumentarsi il miglior gusto delle lettere, ed anche ultimamente il signor Genovesi ha composto due egregii trattati di Logica e Metafisica. Codesto cielo da in abbondanza vivaci e felici ingegni. Vi manca solo il buon
gusto ed eccolo venuto." Se non che di questo lavoro di mole furono pubblicati appena i due primi volumi che riflettevano il diritto pubblico, doveva porre mano al terzo, ma funne distratto da molte e diverse faccende. Egli infatti era Giudice della Vicaria, Segretario della R. Camera di S. Chiara, Presidente della R. Camera della Sommaria, Consigliere Supremo del Tribunale Misto ecc. Per il che quella gloria che poteva essere sua per le molteplici sue occupazioni fu serbata ad altri, giacchè nel 1762 cessò di vivere e per buona altra pezza si risentì questo vuoto nella giurisprudenza.